PALAZZI STORICI
PALAZZO CASCINI
Palazzo tardo settecentesco si sviluppa lungo Via Piave e si affaccia sulla strada principale del piccolo borgo: Via Vittorio Emanuele.
Il palazzo, oggi di proprietà dei Cascini, fino a metà Ottocento apparteneva agli Innecco, originari di Lagonegro.
Pietro Innecco, ricordato come uomo particolarmente abile nell’eseguire innesti di alberi da frutto, tant’è che nella ricca biblioteca di famiglia custodiva anche pregevoli e rarissime edizioni di libri su piante e giardini oltre che dizionari di agricoltura in lingua inglese e francese di metà Settecento, fu l’ultimo erede della nobile famiglia. Costui ebbe solo una figlia di nome Luisa, unica erede di tutte le sue proprietà di Carbone, che sposò, nel 1848, Vito Cascini originario di Castelsaraceno.
Il palazzo e la biblioteca di famiglia con molta probabilità rientrarono nella dote di Luisa Innecco, così, per discendenza, furono ereditati dai Cascini. In particolare, la biblioteca fu accresciuta ulteriormente grazie anche a Vito Cascini e a suo figlio Egidio, che attestano la continuazione di un filone di studi e di interessi intergenerazionale iniziato con gli Innecco e proseguito con i Cascini.
Appartenevano al Fondo Cascini anche le due Platee del monastero italogreco dei Santi Elia e Anastasio di Carbone, la prima relativa al biennio 1577-1578 e la seconda datata al 1741; entrambe, ora, conservate presso l’Archivio di Stato della città di Potenza.
PALAZZO CASTRONUOVO
La figura più illustre che la comunità carbonese può, ancora oggi, fregiarsi di aver avuto tra i propri concittadini a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento è quella del giurista Francesco Paolo Castronuovo. Egli nacque a Carbone nell’aprile del 1808 dal notaio Nicola e da Maria Antonietta de Clemente e ivi morì nel 1905. Il padre era medico e notaio, la madre, invece, di origini aristocratiche, era la sorella del noto giurista Francesco Paolo de Clemente.
Francesco Paolo Castronuovo istituì una scuola di diritto all’interno del palazzo di famiglia, impreziosita da una biblioteca dal valore inestimabile, che ebbe molteplici riconoscimenti anche oltre i confini regionali per la vastità e la peculiarità di opere e manoscritti, alcuni dei quali di pregevoli e rare edizioni. La scuola “di alta formazione” raccoglieva studenti che provenivano da tutti i paesi della Basilicata e anche dalle regioni limitrofe. Il percorso di studi culminava con un vero e proprio esame che consentiva l’accesso al mondo delle professioni. Nella scuola non si insegnavano solo discipline giuridiche, ma anche materie letterarie e scientifiche al fine di garantire agli studenti una solida formazione. La scuola, infatti, formò molteplici studenti che ebbero, poi, una brillante carriera arrivando a ricoprire importanti cariche. Il nome più illustre fu certamente quello di Piero La Cava, avvocato di Corleto Perticara, Deputato nei governi Crispi (1859-1991), Giolitti (1892-1893), Pellux (1898-1900) e ancora Ministro delle finanze con Giolitti (1907-1908). Oltre a essersi formato presso la scuola di “avviamento alla professione forense” di Carbone, condivise con Francesco Paolo Castronuovo la passione politica e le idee irredentiste. Non solo La Cava, ma anche Antonio Rinaldi di Napoli (avvocato, cultore di diritto civile e scrittore), Alessandro Giura (letterato di Castronuovo di Sant’Andrea) e Vito Mobilio (suo prezioso collaboratore e docente di chimica e materie affini presso “l’istituto di alta formazione” carbonese).
Egli, inoltre, visse con pienezza i fervori del suo tempo: manifestò il suo impegno a favore della proprietà collettiva municipale prendendo parte attiva alla vita politica locale. Nel 1848 ricoprì la carica di Decurione (assimilabile all’attuale assessore comunale), aderì al movimento costituzionale e fu protagonista dell’intervento armato in Calabria nel tentativo di organizzare tutte le forze liberali operanti nelle province del Mezzogiorno d’Italia. A seguito di questa iniziativa fu deferito dinnanzi alla Gran Corte di Basilicata e dovette rispondere della partecipazione alle vicende verificatesi a Carbone nel 1848. Nel 1851 poté godere dell’indulgenza, ma il suo nome fu annoverato tra i politici sottoposti alla “sorveglianza di polizia”. Durante il susseguirsi degli accadimenti storico-politici, che determinarono la costituzione dell’Unità nazionale e la cacciata dei Borbone, fu accusato di essere reazionario e cospiratore avverso alla costituzione concessa da Ferdinando II.
Con il costituirsi dell’Unità d’Italia Francesco Paolo Castronuovo fu nominato (il 22 maggio 1864 dal Re Vittorio Emanuele II) sindaco di Carbone fino al 1866. Ma la partecipazione ai nuovi moti insurrezionali verificatisi a Carbone, per la liberazione delle terre demaniali illegittimamente detenute dai baroni, gli costarono l’arresto. Ottenne nuovamente la libertà provvisoria e la reintegrazione, a seguito di provvedimento reale, alla carica di sindaco.
Il 13 dicembre 1877 fu nominato, da Vittorio Emanuele II, Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia. La comunità di Carbone, inoltre, decise di intitolargli la locale scuola media (corrispondente all’attuale scuola secondaria di primo grado). Infine, nel settembre del 1984 fu dedicata a Francesco Paolo Castronuovo una piazzetta nel centro del paese.
La partecipazione attiva alla vita politica e la docenza non sottrassero tempo alla sua produzione letteraria, della quale, tuttavia, si hanno poche testimonianze. Sappiamo, con certezza, che fu autore di due testi: uno su Roma e Vittorio Emanuele pubblicato a Potenza dall’Editore Favatà nel 1870 e l’altro Poche parole per se stesso stampato dalla stessa casa editrice potentina nel 1867.
Non è da escludere che la sua produzione letteraria sia stata ben più vasta. Francesco Paolo Castronuovo, infatti, non si fermò solo ai testi in prosa, ma si cimentò anche nella stesura di meravigliosi componimenti poetici spesso dedicati ad accadimenti storici di portata nazionale ma anche ai suoi allievi più brillanti e agli amici con i quali condivise gli stessi impegni politici, molti di questi ancora conservati dai suoi discendenti.
PALAZZO DE NIGRIS
Palazzo gentilizio del XIX secolo di proprietà della famiglia De Nigris. L’attuale struttura sembrerebbe recuperare un edificio preesistente riferibile alla dimora della famiglia Spena, a cui potrebbe essere riferita l’antica torre. Il passaggio dagli Spena ai De Nigris fu garantito per via matrimoniale. In questo complesso residenziale, infatti, abitò don Marcello Spena, autore del testo Storia del monastero di Sant’Elia in cui tradusse e proseguì l’opera del Santoro, approfondendo la storia di Carbone.
Tra i membri della famiglia De Nigris si distinse l’Avvocato Francesco De Nigris, che potenziò la vocazione familiare di proprietari terrieri. Il suo lungimirante e visionario spirito imprenditoriale si espresse con il miglioramento degli ambienti produttivi, mulino e frantoio, dotati di tecnologie innovative e del tutto pioneristiche per tutto il territorio del Serrapotamo, contribuendo a rendere Carbone un’eccellente realtà a forte predisposizione agricola. A lui va riferito l’attuale aspetto del palazzo, come testimoniato dalla data del portale d’ingresso.