CHIESA SANTA MARIA DELLE GRAZIE
Il Convento dei Padri Minori Osservanti, detto anche di S.Antonio, con annessa la Chiesa di Santa Maria delle Grazie, sorge in una parte collinare del paese ed in posizione elevata, un tempo periferica, ma oggi parte integrante del centro abitato di Castelluccio Inferiore. L’intero complesso conventuale fu fondato nel 1573, per volontà dell’eletto dell’ “universitas” – Annibale Arcieri – e di tutto il popolo, sotto l’Ordine dei Padri Minori Osservanti.
Il Vescovo di Cassano – Giovambattista Serbelloni – concesse il proprio assenso, che fu ratificato da un’autorizzazione pontificia del 1579. Infine, il 5 gennaio 1581, con il breve Pius Christi Fidelium, assunse la denominazione di Santa Maria delle Grazie, e dopo qualche anno, contemporaneamente, quello della Natività della Vergine. Il convento divenne presto un fiorente faro di cultura per tutta la Valle del Mercure, provvisto di una notevole biblioteca, che fu dispersa durante l’occupazione militare francese del 1806-7. Dopo alterne vicende e diverse, ed anche improprie, destinazioni d’uso, oggi il Convento è la sede del Comune di Castelluccio Inferiore, mentre la chiesa continua ad essere luogo di culto. L’edificio si sviluppa intorno al chiostro quadrangolare, costituito da un duplice ordine di arcate su pilastri, gli ambienti al piano terreno erano di uso comune, al primo piano vi erano le celle e l’appartamento del priore. Quello che un tempo doveva essere il refettorio, o la sala del capitolo, vasto ambiente a piano terra con volta a botte lunettata, oggi è la sala consiliare. Sulla parete di fondo, un affresco illustra “L’ultima cena”, in basso due cartigli con iscrizioni in latino, ricordano due riunioni del capitolo, avvenute nel Seicento. Nel 2004, l’Associazione Neoborbonica di Lauria, in ricordo della visita del Re Ferdinando II di Borbone, ha voluto apporre nel chiostro una lapide, in sostituzione delle perdute iscrizioni commemorative del 1852. La chiesa e il convento, nella metà dell’Ottocento, per devozione popolare, presero la denominazione di “S.Antonio”.La chiesa è sorta originariamente come cappella del convento, ma verso la metà del sec.XVII fu interessata da un notevole ampliamento, adeguato alle maggiori esigenze di culto derivate anche dall’aumento della popolazione. Varcando il grandioso arco a tutto sesto, serrato da una possente cancellata in ferro battuto, di epoca più recente, ci si inoltra nel pronao antistante l’edificio sacro, e al di là del robusto portone del XVI secolo, la chiesa si presenta ad un’unica grande navata, con la volta a botte e le pareti scandite da nicchie alternate a lesene.
Vi si dispongono cinque altari per ogni lato, e la decorazione in stucchi, eseguita nei primi del Settecento è molto raffinata ed elegante. I copiosi ornamenti, che ricoprono anche la volta, sono opera di maestranze lucane che operavano sulla base dei grandi maestri decoratori provenienti da Napoli, che ebbero un ruolo importante nella decorazione del coro della Chiesa di San Nicola di Myra. Questi lasciarono trattati, progetti e disegni, ad artisti di formazione locale, che con inventiva ed improvvisazione realizzarono apparati decorativi di gusto più provinciale. Gli altari laterali sono stati decoratiti in periodi diversi, ma sempre rispettando canoni e progetti ben precisi. I due primi altari, a destra e a sinistra, realizzati probabilmente verso la fine del XVII secolo, riflettono un gusto ancora manieristico, mentre il terzo ed il quinto altare, a destra e a sinistra, derivano da modelli eseguiti per la Chiesa Madre di San Nicola “e si ricollegano alla poetica figurativa elaborata da Domenico Antonio Vaccaro tra il 1720 e il 1730”. Sia l’altare maggiore che gli altari laterali, i cui paliotti di gusto rococò sembra siano stati rifatti nella prima metà del Settecento, presentano varie soluzioni decorative. I plinti sono decorati con motivi floreali stilizzati, alcuni altari hanno colonne scanalate con alla base decorazioni floreali a girali e mascheroni, e terminano con capitelli corinzi. Altri sono sormontati da timpani spezzati, dentellati e modanati, e presentano fasce sottostanti con motivi naturalistici e infine cornici con foglie di alloro baccellate, rosette, ovoli ed altri elementi. Altri ancora, appaiono con figure maschili e femminili a guisa di cariatidi o telamoni muniti di elementi fitomorfi, e con cimase che inquadrano il simbolo della fratellanza dei conventi francescani. In alcuni casi la cimasa degli altari e abbellita da putti reggi ghirlande, e figure di angeli. Analoghi elementi decorativi si ripetono nell’intradosso dell’ arco trionfale e sull’ abside. La volta della navata è adornata da quattro grandi cornici, anch’esse in stucco, in cui si ripetono i motivi ornamentali degli altari, forse eseguite in previsione di altri affreschi (o tele) poi non realizzati. Sugli altari sono disposte bellissime tele, alternate a sculture lignee di pregio. Spiccano per importanza, la tela della Madonna del Rosario, del pittore Felice Vitale da Maratea, databile alla fine del Cinquecento/inizi del Seicento, una Circoincisione del Sei/Settecento, e la bellissima composizione attribuita al solimenesco Antonio Galanti, illustrante una Madonna con Bambino e Santi.Tra le sculture lignee, interessante è il magnifico Crocifisso del Cinquecento, ora esposto sull’ all’altare maggiore della Chiesa Madre, e la statua di San Francesco d’Assisi. Altre importanti tele rivestono le pareti del coro, ma l’opera di maggior pregio è la statua in legno, illustrante la Madonna delle Grazie. L’importante scultura è sicuramente opera di un artista napoletano del Cinquecento e fa parte di un trittico che comprende anche due tele. Sulla volta del coro, un grande affresco incorniciato di stucchi, mostra una “Natività della Vergine” , eseguito tra la fine del Seicento e gli inizi del Settecento.
Testi – Giuseppe Pitillo