CHIESA SAN NICOLA DI MIRA
La Chiesa Madre di Castelluccio Inferiore è dedicata a San Nicola di Mira, il cui culto, proveniente dall’oriente e introdotto dai Monaci Basiliani, era molto diffuso nel suo territorio e nella Valle del Mercure. Non è nota lepoca precisa delle sua fondazione, ma si intuisce che risalga al Medio Evo e presumibilmente intorno alla metà del XIII sec. Lo storico locale Gaetano Arcieri, nella metà nell’Ottocento, indica che nelloratorio adiacente la sacrestia si rilevava lanno 1286, ma di questa testimonianza non vi è più traccia.
Tuttavia la sua struttura originaria conferma tale affermazione e si presume che il suddetto oratorio sia un piccolo ambiente voltato a botte, oggi incluso nella sacrestia, vagamente decorato con motivi classicistici, databili al XIV sec. La chiesa era inizialmente sottoposta alla giurisdizione delle chiese parrocchiali di Rotonda e di Laino Borgo, di fondazioni più remote e gerarchicamente più importanti. Linformazione più antica della chiesa si ha dal Registro Vaticano per la Calabria (Russo 1/148): – 24 febbraio 1324, il presbitero Nicolao de Castelluccio paga la decima a Rotonda in tarì due. Un’altra notizia risale al 1547, quando, con il testamento di Stefano Di Mare, fu istituita la prima fondazione benefica dei monti di maritaggio, per le ragazze povere, che stabiliva un lascito di cento ducati alla Congregazione del Santissimo Sacramento. Si intuisce che fosse originariamente un luogo di culto molto piccolo, ma in seguito ad un primo consistente aumento della popolazione, si rese necessario un primo ampliamento nei secc. XV e XVI. Nel primitivo pavimento si leggeva, un tempo, la data 1575, probabilmente lanno in cui iniziarono i lavori. Un’ ulteriore e definitiva estensione la interessò verso a metà del Seicento, durante la quale assunse lassetto e le proporzioni odierne: un vasto edificio a croce latina ed a tre navate. Fu in questa fase, che alla semplice decorazione originaria, si sovrappose una ricca ornamentazione in stucchi barocchi. L’ abbellimento interno, iniziato nella seconda metà del sec.XVII, si protrasse poi per tutto il secolo seguente, ovviamente in modo non sempre unitario, ma in relazione al gusto del momento, nonostante ciò le varie fasi decorative si fondono armonicamente in tutto lambiente. In quest’ epoca, maestri decoratori napoletani, esperti in siffatta arte minore, lasciavano progetti e disegni ad abili maestranze locali rimaste ignote, che eseguivano i lavori. Varcata la soglia, ci si introduce nella bussola della controporta, sul cui soffitto vi sono i dipinti su tavola, eseguiti dal pittore Angelo Galtieri da Mormanno nel 1735: San Michele Arcangelo, L’ Annunciazione della Vergine e La Sacra Famiglia, delimitati da cornici polilobate, circondate da ornamenti a motivi vegetali. Sopra la bussola è la cantoria (nei libri dei pagamenti viene chiamata soprapopulo, perché in quella parte della chiesa si disponeva la gente comune, il popolo) con lorgano in legno intagliato e dorato, del 1779. La navata centrale, oltre alla decorazione in stucchi, eseguita come si è detto in più riprese, presenta il meraviglioso ciclo di affreschi, realizzato dal già ricordato Angelo Galtieri, dal 1731 al 1737, come confermato dallautore stesso sui dipinti e come si deduce dai registri dei pagamenti. Nellordine superiore, tra le finestre, sono illustrati gli episodi più salienti dellAntico Testamento. Sulla parete sinistra vediamo: S.Pietro Apostolo – Abramo e i tre angeli – Il sacrificio di Isacco – Il patriarca Giuseppe in Egitto – Mosè salvato dalle acque. Sulla parete destra sono illustrati: un soggetto di dubbia interpretazione perché mancante della parte centrale, segue: Il trasporto dell’arca santa – La guarigione del padre di Tobia – La cacciata di Eliodoro dal tempio – S. Paolo Apostolo. Nellordine inferiore, nei pennacchi degli archi della navata, i soggetti degli affreschi riguardano Storie del Nuovo Testamento e Santi, quindi, sulla parete sinistra: San Nicola – L’ adorazione dei pastori – Ladorazione dei Magi – La fuga in Egitto – La strage degli innocenti. Sulla parete destra abbiamo: Cristo tra i dottori – Cristo e l’adultera – La Maddalena unge con essenze i piedi di Cristo – Cristo entra in Gerusalemme – San Biagio. Al centro del soffitto della navata centrale vediamo il dipinto Giuditta e lassedio di Betulia ( ove un cartiglio riporta l’iscrizione: Tu gloria Jerusalem, tu letitia Israel, tu honorificentia populi nostri”). Laltare maggiore è un commesso marmoreo di grande effetto e di grande pregio, la cui realizzazione abbraccia un lungo periodo di tempo che va dal 1740 fino al 1766. Laltare originario era probabilmente in stucco, in seguito si concepì questa importante opera in marmo. Fu un lavoro impegnativo e costoso e per questo fu eseguito in più riprese, allinizio per mano di maestranze locali, poi subentrò il maestro marmoraro napoletano Arcangelo Staffetta, che si avvalse anche di collaboratori sul posto. Il marmo utilizzato nella realizzazione dellaltare maggiore è prevalentemente l’ alabastro cotogno di Castelluccio, commesso al diaspro di Sicilia, al giallo di Siena, al bianco di Carrara, al verde antico e al nero di Calabria. Contemporanea alla realizzazione e alla posa in opera dell’altare maggiore, è la balaustra, che delimitava larea presbiteriale. Il manufatto, scolpito nel già menzionato pregiato marmo locale, che Gaetano Arcieri definiva nostro marmo cittadino e “marmorea pietra melata, che riceve la politura e riesce di belleffetto”, attualmente, cinge l’ingresso dei due cappelloni dei bracci laterali. Altro notevole lavoro in marmo è l’acquasantiera, in bianco di Carrara con inserti in diaspro di Sicilia e in giallo di Siena. Nelle spaziose navate laterali, o navatelle, sono disposti tre altari per ogni lato. A destra, il primo è dedicato a San Vito e ai Santi Pietro e Paolo, con tela del Settecento; il secondo alla Madonna del Carmine, S. Michele e Santa Lucia, oggi vi è montata una tela datata alla seconda metà dellOttocento. Il terzo altare, già dedicato a Santo Stefano, ospita attualmente una statua di San Francesco di Paola. A sinistra, il primo è intitolato alla Madonna del Rosario, con la bellissima tela firmata da Antonio Ferri e datata 1749. L’altare era di patronato della famiglia Gioia, con atto del 2 agosto 1783. Beneficiava di una congregazione che si identificava con uno stendardo bianco, e si chiamava Congregazione del Popolo. Il secondo è dedicato allImmacolata Concezione, con una tela della seconda metà del sec. XVI, che raffigura la Vergine con Sante Martiri, proveniente, forse dall’altare di Santa Caterina ed attribuita a Felice Vitale da Maratea. Il terzo è dedicato alla SS. Trinità, con tela firmata dal pittore Giuseppe Sassone, e datata 1757. Alla base si distingue lo stemma dei Marchesi Carlo Francesco e Barbara Pascale, probabilmente un dono o una committenza importante. La scena si presenta con la rappresentazione della Trinità in gloria, in un tripudio di cherubini svolazzanti, e in basso i gesuiti, Sant’Ignazio di Loyola in estasi e, tra gli altri, San Luigi Gonzaga, al centro un libro aperto illustra il motto “AD MAIOREM DEI GLORIAM”. I due altari in fondo alle navate laterali, erano, a destra dedicato alla Visitazione della Vergine, a sinistra a Santa Caterina dAlessandria. Nell’Ottocento questo altare è stato modificato, pur conservando gli stucchi originari probabilmente del Cinquecento, come la già menzionata tela, e oggi vi è posta una statua dell’ Immacolata. Anche laltare della Visitazione è stato cambiato e dedicato alla Vergine Addolorata, ov è la bellissima ed espressiva statua, oggetto di grande venerazione per il miracolo avvenuto il 1° giugno 1896. La Madonna Addolorata è stata eletta Compatrona di Castelluccio Inferiore, la sua festa è molto sentita da tutto popolo e si celebra il primo giugno. Gli altari menzionati erano tutti di patronato delle famiglie gentilizie, che vi avevano jus sepulturae. Nei bracci delle navate laterali vi sono le due grandi cappelle con cupole. Quella a destra era intitolata a San Carlo Borromeo, di patronato della famiglia marchesale, la cui fondazione risale al 1620. Sullaltare attualmente è esposta la statua di San Giuseppe, mentre a lato troviamo il pregevole Crocifisso del XVI sec. Il cappellone del braccio sinistro è denominato del Purgatorio o del SS. Sacramento. Sull’altare vediamo la statua del Sacro Cuore, mentre ai lati vi sono due grandi tele illustranti, una L’Ultima Cena e laltra La Sacra Lavanda. La prima porta la firma di Giulio dellOca, e l’anno 1687, dell’ altra non si conosce l’autore. Alle pareti laterali della cappella, sotto le tele, vi erano montati gli stalli in legno di noce, pregevolmente intagliati, della fine del Seicento/inizi del Settecento, perchè la cappella era luogo di riunione della Confraternita del SS. Sacramento, che gestiva i beni della chiesa. La chiesa è sorprendentemente maestosa, molto grande e particolarmente ricca di opere d’ arte, soprattutto di epoca barocca, ma é nel cappellone centrale e nel coro che risalta il suo splendore. Magnifico è il coro, in legno di noce lavorato ad intaglio, nella ridondante decorazione degli stucchi, vediamo sulle pareti laterali due grandi tele, di cui non è noto lautore, dipinte tra la fine del Seicento e linizio del Settecento. Quella a sinistra illustra “San Nicola che libera il fanciullo Deodato”, a destra, invece, abbiamo “Leone X che ferma Attila”. La prima tela doveva essere una copia di un’opera di Luca Giordano, del 1655, per la chiesa di Santa Brigida a Napoli, ma, probabilmente, fu danneggiata dal fulmine che nell’ottobre del 1775 colpì questa parte del coro, e per questo motivo ricostruita da altra mano. L’altra, come ci fa notare anche Gaetano Arcieri, è la trasposizione in pittura del bassorilievo di Alessandro Algardi, nella Basilica di San Pietro a Roma, eseguito tra il 1646 e il 1653. Inserita in questo meraviglioso fastigio barocco, nella nicchia dellabside, ai lati delle due tele, vi è la pregevole scultura di San Nicola con il piccolo Deodato, eseguita probabilmente a Napoli tra la fine del Seicento e gli inizi del Settecento. Sopra le due tele, entro due ghirlande intrecciate da rami di alloro baccellati, circondate da foglie d’acanto ed altri elementi vegetali, vi sono i due busti, che si fronteggiano, sempre modellati in stucco, dei due marchesi, marito e moglie, evidentemente committenti di tale opera celebrativa della casata. Lo scudo al di sopra della statua di San Nicola, sotto la frase in latino, riporta l’anno 1690, anno in cui fu aperto al pubblico questo lavoro di elevata committenza artistica, storica e culturale, terminato l’ anno precedente. Dal coro, attraverso una splendida porta in noce scolpito, si accede alla sacrestia. In questo vasto ambiente, vi sono, allineati lungo le pareti i meravigliosi armadi intarsiati in legni pregiati, del 1775. In questo luogo erano custoditi i preziosi parati (Gaetano Arcieri: Nulla diciamo delle magnifiche pianete, omerali, piviali etc), di cui la chiesa era ed è copiosamente provvista, le suppellettili in argento, i registri parrocchiali, le bolle e le pergamene antiche. Dallo studio della storica dellarte Angela Convenuto sui parati liturgici: I paramenti sacri rinvenuti nelle chiese di Castelluccio provenivano dai laboratori di Napoli e della provincia, che dal Seicento sino allOttocento erano molto attivi e attestavano una valida struttura corporativa. Ricordiamo alcuni esempi emblematici, tra cui la pianeta (chiesa di San Nicola Castelluccio Inferiore) in seta bianca ricamata in fili doro e serici policromi, di gusto tardo-barocco: nella parte anteriore fogliami, fiori e due pappagalli tra vòlute e foglie dorate; sul retro, analoghi elementi decorativi con uccelli, inquadrano la targa raffigurante lapparizione della Vergine a San Bruno’, un gallone in oro con motivi a zig-zag la contorna. Probabilmente eseguita tra gli ultimi decenni del 600 e i primi anni del 700, si inserisce nellambito della vasta produzione delle botteghe napoletane che desumevano i temi ornamentali dalle decorazioni marmoree o dai paliotti in scagliola. Come si è già accennato, la chiesa è fornita di preziosa argenteria, numerosi sono i calici ed il più antico è datato 1640. LArcieri ci tramanda che questo notevole patrimonio, durante loccupazione militare francese del 1806/1807, grazie alla sollecitudine di un parroco, fu accortamente nascosto dentro una sepoltura della chiesa e così si salvò dal saccheggio. Sono tuttora da ricordare una pregevole lampada, capolavoro di argenteria napoletana del tardo Seicento, ed un messale vellutato, con ricchi bordi in argento cesellato. Interessante è una fonte battesimale in pietra calcarea, del cinquecento con il leoncino stiloforo ispirato a modelli gotici. Oggi è possibile ammirarlo integralmente, sia per la sua attuale collocazione che per il fatto che è stato liberato del cappello ligneo, di epoca recente, che sostituiva però quello in legno intagliato e dorato del Settecento, andato perduto; entrambi ne ostruivano la sua ideale bellezza classica. La facciata, nel recente restauro, è stata modificata togliendo alcuni orpelli che la rendevano poco armoniosa, e riportando alla luce lantico portale in pietra del 700, che era stato impropriamente ricoperto da intonaco, sovrastato da un arco in tufo e da un lucernario, un tempo murato, con l’immagine dell’Addolorata sulla vetrata. L’imponente sagrato, con i basoli in pietra, è stato costruito nel 1891, come riporta l’ iscrizione.
Testi – Giuseppe Pitillo