CERTOSA DI SAN NICOLA
A circa un chilometro e mezzo dal centro abitato di Francavilla In Sinni, alla confluenza di due torrenti, emergono dalla fitta vegetazione i maestosi ruderi della Certosa di San Nicola, grande complesso monastico del Pollino ( insieme all’abazia cirstercense del Sagittario e al Convento del Ventrile) e più grande certosa del sud Italia dopo la Certosa di Padula. La sua edificazione è strettamente legata alla diffusione in Basilicata dell’ordine certosino e fu voluta dalla famiglia Sanseverino alla fine del XIV.
La leggenda narra che ai monaci fu donato tutto l’agro di “Villa Franca” dalla Principessa Sanseverino. La quale per intercessione di S. Nicola, cui era molto devota, ebbe la grazia della guarigione del figlio affetto da una grave infermità. La principessa promise di donare alla Certosa tutto ciò che vedeva con gli occhi da una finestra del castello di Chiaromonte.
La certosa è stata per quattrocento anni, dal 1400 al 1800, il centro propulsore e vitale della media valle del Sinni.
La sua attività composita, che spaziava dal religioso al sociale, senza trascurare il settore economico considerando i molti privilegi e le cospicue donazioni accumulate nel corso della sua esistenza, ha consentito lo sviluppo della comunità rurale di Francavilla, attingendo dalla coeva cultura cistercense, presente sul territorio, tutti gli orientamenti utili per una concreta politica di progresso economico e di crescita generale. La Certosa, non più esistente, consiste oggi in ruderi che, ancorchè imponenti e significativi, non possono assolutamente rendere l’immagine grandiosa di un tempo; il complesso fu parzialmente distrutta nel 1809 in seguito alla duplice eversione francese della Feudalità (1806) e degli Ordini Monastici che si concluderà, per questi ultimi, nella seconda metà del XIX secolo (1866).
I Certosini del Monastero di S. Nicola , conseguentemente, si opposero vivamente al provvedimento abrogativo delle Regole di San Bernardo, di S. Benedetto e di San Bruno, fondatore dell’Ordine Certosino, e furono perciò bombardati dai Francesi con conseguente distruzione quasi totale del monastero.
Il centro monastico ricopriva una superfice di un ettaro e all’interno di esso era presente una chiesa, la casa del Capitolo, le cucine, il refettorio, la biblioteca, le celle dei monaci, la cucina, i chiostri e i giardini.
Oggi, tra i resti delle maestose mura è stato ricreato un eco sistema che ospita circa 85 specie di piante officinali originariamente coltivate dai monaci, e 300 specie di piante spontanee.